Dalla strada alla terapia: sperimentazione per la cura dell’epatite C
Venerdì 23 febbraio la presentazione del progetto “Stop Hcv”, una sperimentazione per la cura dell’epatite C
Una sperimentazione unica in Italia per il trattamento dell’epatite C nella popolazione più fragile, realizzata grazie all’esperienza ultratrentennale di un servizio di prossimità e riduzione del danno in grado di prendersi cura delle persone con consumo problematico e dipendenza da sostanze che vivono in prevalenza in strada. “Stop Hcv” è il nome del progetto realizzato a Bologna da Open Group in collaborazione con ASP Città di Bologna e Policlinico di Sant’Orsola: 233 le persone che hanno accettato di sottoporsi a test, il 6%, risultato positivo all’Hcv, è stato indirizzato verso un percorso terapeutico.
Il virus dell’epatite C rappresenta una delle cause più importanti di malattia epatica cronica in tutto il mondo, con la più alta incidenza tra le persone con dipendenza da sostanza per via iniettiva, comportamenti sessuali a rischio e senza fissa dimora. “Per eradicare il virus dell’epatite C bisogna raggiungere le persone in condizione di emarginazione, che spesso rappresentano una quota sommersa di positivi e difficilmente aderiscono a percorsi di cura tradizionali”, dice Caterina Pozzi, vicepresidente di Open Group e presidente del Cnca, il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza.
Il progetto “Stop Hcv” è invece riuscito a coinvolgerle grazie alle relazioni di fiducia costruite nel tempo dal team dell’Unità di strada, che Open Group gestisce per conto di ASP Città di Bologna all’interno del Consorzio l’Arcolaio, e alla collaborazione del personale sanitario del Policlinico di Sant’Orsola.
“Bologna è all’avanguardia in Italia nelle politiche di riduzione del danno – continua Pozzi –: è fondamentale dare continuità a questi servizi di prossimità, perché prendersi cura della salute delle persone più vulnerabili significa prendersi cura della salute di tutta la comunità”.
Nel corso della sperimentazione, condotta da marzo 2022 a giugno 2023, 233 utenti dell’Unità di strada di Open Group hanno accettato di sottoporsi a un test a risposta rapida su prelievo capillare per ricercare gli anticorpi all’epatite C: il 24,9% erano donne, il 34,3% di origine straniera, il 65,7% si trovava in una condizione abitativa instabile, il 66,5% era disoccupato, il 45,9% non si era mai sottoposto al test, il 17% era privo di tessera sanitaria. Per quanto riguarda l’uso di sostanze, il 61,4% dichiarava di consumare cocaina, il 46,4% crack, il 41,6% eroina; a seguire, cannabis (37,3%), alcol (18,5%) e chetamina (7,3%). Tra i comportamenti a rischio, il sesso penetrativo senza protezione (65,2%), l’uso di sostanze per via endovenosa (24,9%) e la condivisione di materiali per l’inalazione (54,5%) o l’iniezione (11,2%) di sostanze.
Quando i test rapidi sono risultati reattivi, le persone sono state invitate a sottoporsi a un ulteriore test attraverso il prelievo di sangue, che è stato eseguito dal personale sanitario del Policlinico. Alle persone risultate positive anche al test di conferma (15 in tutto, il 6% delle 233 iniziali che hanno aderito al progetto) è stato quindi garantito l’accesso a un percorso terapeutico e farmacologico, che ha compreso valutazione epatica e valutazione delle funzionalità organiche.
Il progetto Stop Hcv
“Il progetto ‘Stop Hcv’ ha permesso di realizzare il primo studio in Italia sull’incidenza dell’epatite C in una popolazione difficilmente raggiungibile, caratterizzata da disagio economico e comportamenti a rischio”, dice l’autore dello studio Raimondo Maria Pavarin, oggi nel settore Ricerca e innovazione di Open Group, dopo essere stato responsabile dell’Osservatorio epidemiologico metropolitano dipendenze del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze dell’Azienda Usl di Bologna.
“Tra le persone che sono risultate positive all’Hcv – conclude –, l’87% utilizzava sostanze per via iniettiva, il 73% aveva avuto rapporti sessuali senza protezione, il 55% aveva condiviso materiali per l’inalazione di sostanze, l’11% aveva condiviso materiali per l’iniezione”.
Una prima sperimentazione del progetto “Stop Hcv” era stata svolta tra febbraio 2018 e maggio 2019: complessivamente, nel corso delle due fasi, sono stati 539 gli utenti coinvolti; il 12% (64 persone), dopo essere risultato positivo all’epatite C, ha potuto iniziare il trattamento terapeutico.
L’evento Stop Hcv
Il progetto “Stop Hcv” è stato realizzato da Open Group e Policlinico Sant’Orsola, in collaborazione con ASP Città di Bologna e l’associazione Plus Onlus, con il contributo di Gilead. I risultati del progetto saranno presentati nel corso del convegno “Promozione della salute e servizi di prossimità. Percorsi di screening e presa in carico di consumatori con epatite C”, in programma venerdì 23 febbraio dalle ore 9.30 alle 13.30 presso la Sala Marco Biagi nel complesso del Baraccano (via Santo Stefano 119). L’ingresso è libero, puoi leggere il programma qui e iscriverti all’evento compilando questo modulo.