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La prima festa della mamma di Sharon e Fatima

L’amore tra una giovane madre e la sua bambina, ospiti entrambe della comunità di accoglienza “Casa di Sara”, gestita da Open Group in collaborazione con la cooperativa Dai Crocicchi.
Ecco il racconto di Redattore sociale, pubblicato in occasione della festa della mamma:

Fatima ha quasi un anno e ha sempre vissuto a Casa di Sara, comunità di accoglienza residenziale per madri, anche minorenni, con i propri bambini e donne in gravidanza che vivono situazioni di difficoltà sociale, economica e relazionale. Sharon è la giovane mamma di Fatima: è italiana e tra pochi giorni compirà 24 anni. Suo marito, il papà della piccola, abita fuori: non si vedono da oltre due mesi per colpa dell’emergenza sanitaria.

“Fatima è nata a giugno 2019 – racconta Sharon –, l’abbiamo cercata moltissimo. Io sono uscita dall’ospedale il giorno dopo il parto, lei è restata ricoverata per qualche giorno. C’erano diversi problemi con i servizi sociali, ma alla fine siamo riuscite a ricongiungerci e da allora viviamo qui”. Nella Casa di Sara, realtà nata nel 2007 gestita dalla cooperativa bolognese Open Group in collaborazione con la cooperativa Dai Crocicchi, la presenza di personale educativo è distribuita su tutto l’arco della giornata e della notte, così da assicurare un costante presidio e supporto alle famiglie accolte. La struttura si caratterizza come comunità “a indirizzo riservato” perché ha scelto di offrire ospitalità anche a famiglie che necessitano di un alto grado di protezione in quanto vittime di violente intra e/o extra familiari. All’interno della comunità vi è un appartamento, indipendente dalle zone comuni, ma ugualmente collegato all’ufficio e accessibile al personale educativo, che consente di accogliere un nucleo familiare con la presenza anche del padre.

Per Sharon, quella del 10 maggio, sarà la prima festa della mamma: “Sono emozionata, per la prima volta qualcuno farà gli auguri a me. L’affetto di Fatima per me è la gioia più grande. Certo essere madre è una bella responsabilità, ma vederla crescere è sorprendente. Adesso comincia a gattonare e mettersi in piedi, a dire le prime parole. La prima in assoluto è stata ‘mamma’, ma dice anche altre parole in rumeno, la lingua del papà. Sta crescendo bilingue”.

Sharon racconta che, quando è arrivata qui, non aveva idea di come si facesse la mamma: “Non sapevo come prepararle il latte, non avevo idea di come prendermi cura di lei. Oggi la gestisco autonomamente, riesco anche a interpretare i suoi pianti. Ho deciso di lottare per lei”. “Il percorso di Sharon è esemplare – aggiunge sorridendo Giuseppina Papagna, educatrice della Casa di Sara –. Prima di avere Fatima poteva mangiare gelato a pranzo e a cena, alimentarsi a base di pizze surgelate. Oggi cucina tutto per la piccola”. “La pasta al pomodoro, certo. Ma anche le verdure”, tiene a precisare Sharon.

Sharon, sulle spalle una fragilità personale e ambientale oltre che una storia familiare di disagio, è stata cresciuta dai nonni: “Da piccola ho avuto un’esperienza non bella, poi per fortuna mi hanno accolto i miei nonni, che io chiamo mamma e papà. Mi hanno insegnato che un bambino va accudito e amato, mai abbandonato. Oggi sono chiamata a prendere decisioni per mia figlia, è una enorme responsabilità. Ma so che non commetterò gli stessi errori di mia madre”.

Per la piccola, Sharon sogna un futuro fatto di educazione, istruzione, salute, affetti sinceri: “Vorrei tanto riuscire a riunire la famiglia: me, Fatima, suo papà”. “Quando ha condiviso il suo desiderio con noi, Sharon ci ha detto: ‘Vorrei solo una vita normale’. Il percorso che stiamo portando avanti prevede l’affiancamento nella genitorialità, sempre assecondando ciò che lei sente di voler fare. Abbiamo riconosciuto il suo bisogno di famiglia, di appartenere a qualcosa. Ci ha lavorato molto, ha ponderato e pensato a fondo a ogni scelta da fare. Noi condividiamo il suo desiderio di riunire la famiglia. Conosciamo bene il marito, spesso ci porta dolci e pietanze rumene. Adora la piccola, è molto bravo con lei. Anche lui fa parte del progetto. Naturalmente ci abbiamo anche discusso, come abbiamo discusso con Sharon: ma è anche per questo che il suo percorso è così autentico”.

Oggi le giornate di Sharon e Fatima sono fatte di latte, pappe, coccole e giochi: “Lei è sempre con me: da quando è nata non l’ho mai lasciata, e non lo farò mai. È una bambina sana, cresce benissimo. Certo, non vedere suo papà non è facile, per nessuno. Prima la vedeva due volte a settimana, adesso solo tramite video-chiamate. Speriamo che questa situazione si sblocchi presto per ricominciare con gli incontri protetti”.

Quando è arrivata alla Casa di Sara, Sharon racconta di avere avuto bisogno soprattutto di un aiuto pratico per capire come prendersi cura della bambina, “mentre adesso ho bisogno per me, per parlare, per sfogarmi nei momenti di nervosismo, che ci sono, altroché se ci sono. Oggi devo pensare a entrambe, ma è lei la mia priorità. Cosa significa maternità per me? Crescere insieme, maturare”.

Per realizzare il suo sogno di riunire la famiglia, servono un casa e un lavoro: “Sharon ha combattuto con i denti per sua figlia, s’è messa in gioco con tutta sé stessa – racconta Giuseppina –. Fatima è una bambina di una resilienza eccezionale, così piccola sa già come cavarsela in ogni situazione. Insieme interromperanno la circolarità delle cose e costruiranno il loro futuro. Continueremo a seguirle anche quando non saranno più qui: siamo troppo affezionate a loro, le abbiamo viste crescere. No, non si libereranno di noi tanto facilmente”.


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