
Catalogare il fondo di Emilio Sereni è stato un viaggio tra i segni, le note di studio, le sottolineature dell’uomo politico e dell’intellettuale, del militante antifascista e del futuro Ministro. Ma anche nella vicenda privata e intima della sua famiglia.
Lo scorso autunno si è concluso l’intervento di catalogazione sul fondo di Emilio Sereni (1907-1977), conservato presso l’Istituto Alcide Cervi di Gattatico. Il progetto era finanziato da IBC Istituto per i beni artistici culturali e naturali ed è stato eseguito dai catalogatori di Open Group.
Sono stati catalogati in indice nel Polo biblioteche specialistiche di Reggio Emilia (REA) 3.692 monografie moderne e 101 antiche. La particolarità del fondo è costituita dai nuclei tematici, collocati seguendo una classificazione dello stesso Sereni, che riflettono gli studi e l’attività politica dello studioso. Open Group si è occupata delle sezioni di linguistica e antropologia, della raccolta dei suoi scritti, della sezione di agricoltura con gli studi sul paesaggio agrario. Sono stati registrati e evidenziati i segni autografi di Sereni sui libri, le note di studio, le sottolineature, le dediche, ma anche solo il luogo e la data in cui il volume è passato per le sue mani, evocando momenti particolari della sua vita.
Emilio Sereni nacque in una famiglia ebrea di estrazione borghese. Laureato in scienze agrarie a Portici, si iscrisse formalmente al Partito Comunista Italiano nel 1928. Dopo l’arresto e la condanna a 15 anni di carcere venne amnistiato nel 1935, poi espatriò clandestinamente in Francia. Nel 1946 entrò nel comitato centrale del PCI: fu Ministro della Repubblica Italiana sotto il governo De Gasperi, all’Assistenza Postbellica (1946-1947) e poi ai Lavori Pubblici (1947). Fu l’artefice e il promotore della nascita dell’Istituto Alcide Cervi per la storia del movimento contadino e dell’agricoltura, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne. Ha lasciato all’Istituto la sua raccolta libraria e documentaria: 22.000 volumi, 300.000 schede bibliografiche, 200 riviste di storia e agricoltura, 1600 faldoni d’archivio.
Foto Istituto Cervi