Senza veli
HOPS! attraversa Open Group
Scavare, scoprire, spogliare, sorprendere. Benvenuti nella nuova rubrica “Senza veli”, tenuta dalla redazione giornalistica di HOPS! – Human Open Space, il laboratorio diffuso di Open Group che sperimenta un nuovo modello di inserimento lavorativo di persone con fragilità.
Uno spazio per raccontare la cooperativa dietro le quinte, descrivendo quello che c’è da un punto di vista diverso, attraverso interviste, articoli, fotografie, video, podcast. Iniziato a settembre 2019, il progetto HOPS! si basa su un ribaltamento di prospettiva: e se quelle che di solito vengono considerate difficoltà fossero invece una risorsa?
Così lo scrittore Gianluca Gallerani e il giornalista Luciano Bonazzi si stanno sperimentando nelle nuove tecniche di comunicazion, mettendo sotto la loro lente d’ingrandimento i vari servizi di Open Group, per raccontarli senza veli.
Ecco il primo!
Gruppo Verde, un centro per integrare le persone disabili
di Gianluca Gallerani
Dal 2014 Open Group gestisce il centro socio occupazionale Gruppo Verde, che accoglie persone adulte con disabilità psico-fisica.
Le compromissioni di alcune autonomie personali, a volte si possono affiancare a importanti problematiche nella sfera affettivo-relazionale. Le persone che frequentano il servizio hanno un’età compresa tra i 18 e i 65 anni; attualmente sono 29, soprattutto giovani tra i 20 e i 40 anni.
Sorto nel 1986, Gruppo Verde si caratterizza come servizio di educazione al lavoro mediante lo svolgimento di attività artigianali e produttive: si spazia dalla sartoria alla composizione di bomboniere, dalla falegnameria e restauro di sedie fino alla cucina.
Il servizio, aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18, si trova in via Nuova 31 a Corporeno di Cento (Fe): in sinergia con le famiglie e i servizi sociali territoriali, si propone come mediatore fra la persona e le realtà di cui essa fa parte, nella ricerca di un’integrazione e di un reciproco scambio di risorse.
Le figure professionali che vi operano sono la responsabile, Mascia Lenzi, un educatore, tre operatori socio-sanitari, due autisti, un addetto alle pulizie e diversi volontari. Parliamo del Gruppo Verde con la responsabile, Mascia Lenzi.
Dottoressa Lenzi, com’è il clima nel centro?
“Siamo una bellissima equipe di lavoro. C’è molta armonia tra gli operatori: lo avvertono tutti gli utenti e se ne sono accorte anche le loro famiglie”.
I vostri progetti hanno come fine un inserimento nel mondo del lavoro?
“Le finalità sarebbero anche quelle, l’abbiamo sperimentato in un paio di casi. Però è difficile. Alcuni dei nostri ospiti comunque alternano lavoro e laboratori. Il nostro stesso centro funge in qualche modo da azienda.”
Cosa è cambiato per voi in quest’anno particolare, caratterizzato dal Covid?
“Durante il lockdown il centro Gruppo Verde era chiuso. Gli operatori telefonavano ogni settimana alle famiglie dei nostri utenti, in videochiamata; abbiamo lavorato tantissimo in maniera digitale e attraverso Facebook; abbiamo usato Jitsi, un portale di chat per videoconferenze; abbiamo sfruttato ovviamente l’aula digitale; infine, abbiamo seguito davanti allo schermo le lezioni di un insegnante di Tai-Chi. Oggi il Comune di Cento ci ha dotato di una macchina sanificatrice per nebulizzare tutti i locali, e anche il pullmino utilizzato per i trasporti. Abbiamo ricreato gli spazi: abbiamo nastri gialli e neri per indicare l’ingresso, l’uscita e i percorsi interni da seguire. Usiamo sempre camici sanificati, e misuriamo sempre la temperatura”.
Quando la pandemia si sarà esaurita, come procederete? Andrete avanti con questi sistemi innovativi?
“Noi abbiamo sempre cercato di essere innovativi. Proseguiremo coi nostri laboratori e con le attività online. Manterremo il nostro lavoro di laboratori tra Centri e per gli utenti che sono ancora a casa, in interconnessione, un’ora al giorno di martedì, mercoledì, giovedì e venerdì”.
C’è una storia particolare che l’ha colpita e che desidera raccontare?
“Mi ha colpito molto la storia di uno dei nostri ospiti, che durante il lockdown ha perso un familiare proprio per il Covid. Era un cugino, ed era anche la sua principale figura di riferimento. In questo caso abbiamo provveduto a una sorta di servizio domiciliare: un operatore si recava a casa sua con il tablet per fargli svolgere delle attività, connettersi con gli altri amici del centro e tenerlo impegnato, favorendo dei momenti di serenità. È stato molto bello vedere come il nostro utente, grazie al nostro sostegno, abbia reagito bene, anche in una situazione di disperazione come questa”.
Cosa l’ha spinta a scegliere questo genere di lavoro?
“Ho sempre percepito in me la necessità di migliorare la vita delle persone disabili. Fin da ragazzina, con le mie prime esperienze di volontariato. Quasi una chiamata interiore”.
Un progetto per il prossimo futuro?
“Lavoreremo per le autonomie abitative e di sostegno al di fuori del centro socio-occupazionale. Speriamo tanto che questo periodo di pandemia passi presto”.