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Stop Hcv: la diagnosi dell’epatite C si fa in strada

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Stop Hcv è un progetto unico in Italia, realizzato a Bologna da Open Group e Policlinico di Sant’Orsola, in collaborazione con ASP

persone per strada distribuiscono materiale informativo su epatite c e progetto stop hcv

Trecentoquarantadue persone testate tra i consumatori di sostanze per via iniettiva, con 67 casi riscontrati di positività all’epatite C. Tra questi, 49 persone sono state avviate a un trattamento anti-Hcv entro un mese dalla diagnosi: il 90% è risultato negativo a 12 settimane dalla conclusione delle cure e oltre l’85% ha mantenuto un rapporto con medici e infermieri.

Sono i risultati del progetto Stop Hcv. Easy test, easy treatment, realizzato a Bologna da Open Group e Policlinico di Sant’Orsola, in collaborazione con ASP Città di Bologna: una sperimentazione unica in Italia, replicabile anche per altre patologie, in cui tutto il percorso diagnostico e terapeutico si è svolto fuori dall’ospedale, direttamente in strada.

Il virus dell’epatite C rappresenta una delle cause più importanti di malattia epatica cronica in tutto il mondo, con la più alta incidenza tra le persone con dipendenza da sostanza per via iniettiva, che spesso rappresentano una quota sommersa di malati, anche perché di difficile inserimento in percorsi di cura tradizionali.

Il progetto “Stop Hcv” è invece riuscito a coinvolgerle grazie alla collaborazione tra gli operatori sociali dell’Unità di strada, gestita da Open Group per conto di ASP, e gli operatori sanitari del Policlinico.

La diagnosi e la cura

Nel corso della sperimentazione, svolta tra febbraio 2018 e maggio 2019, i nostri operatori hanno proposto agli utenti dei servizi di riduzione del danno e di bassa soglia con cui quotidianamente sono in contatto, di effettuare un test salivare per ricercare gli anticorpi all’epatite C.

Quando i tamponi sono risultati positivi, le persone sono state invitate nella sede dell’Unità di strada in via Polese, dove i medici e gli infermieri del Policlinico hanno eseguito esami di conferma attraverso prelievo di sangue (per la ricerca di altre infezioni e analisi sulla funzionalità del fegato), test ecografico (per determinare l’eventuale danno al fegato) e un’ecografia standard. Nelle tre settimane successive alla diagnosi, le persone con epatite C hanno potuto iniziare la terapia farmacologica.

“’Stop Hcv’ è un progetto pionieristico, perché è il primo in Italia ad attivare un percorso extra-ospedaliero all’interno di un servizio di riduzione del danno, che si fonda proprio sulla relazione che gli operatori sociali riescono a instaurare con le persone ad alta vulnerabilità”, dice Caterina Pozzi, vicepresidente di Open Group. “I risultati raggiunti – continua – dimostrano l’efficacia di un modello, che potrebbe essere esteso per trattare altre malattie, portando cure a chi ne soffre e salvaguardando la salute pubblica”.

Il progetto “Stop Hcv” è stato realizzato da Open Group e Policlinico Sant’Orsola, in collaborazione con ASP Città di Bologna e l’associazione Plus Onlus, con il contributo di Gilead.


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